Derivato da “Lissiara” dove si fa la “Lissia” inteso come intruglio dove far bollire il bucato; in italiano esiste ancora il termine “liscivia” un antico, chiamiamolo “sapone”, a base di cenere.

Dalle mie parti l’acquedotto in casa è arrivato dopo l’alluvione del ’51 ed in alcune zone polesane ancora più tardi.

Per bere e lavarsi ci si arrangiava con i pozzi come nel passato o con qualche bagno nel fiume, ma per lavare la roba, gli indumenti?

“Le donne le se alzava de bonora prima che i omeni i se svejasse, – i gaveva fato tardi parchè i gera sta su a monzar le vache,- ste donne le andava al canale col bugà e la zenare par lavare almanco qualche nizolo e qualche sugaman, senza contar el giazo o la sisara, la fumara o i dolori…, ma se se godeva co gninte bastava scapuzare o spintonarse ca se rideva fin a farsela soto. E po’, se tornava cantando, ma pian, che prima de svejarli, – i omani – bisognava preparar el late con el panbiscoto…”

Il racconto di mia nonna era ben preciso, ma la località “Lisciara” non l’ho mai trovata sulle carte.

Alla domanda: “dove siete state?”, la risposta era sempre vaga “ la zo, a Lisciara dove ca va tute le donne a fare el bugà” e via a ridare, pardon , giù a ridere quasi fosse un posto di segreti e marachelle, veniali per la verità, ma dove le donne si confidavano e dove ne venivan fuori di tutti i colori: “Pori omani!”

Adesso siccome il canale era il Canalbianco, proviamo ad andare a Valmolin dove da qualche tempo è aperto un locale con anche musica.

Alla prossima.